Comunicare l'Emergenza
Crisis management: la gestione delle notizie che non si vorrebbero mai dare
Quali sono le dinamiche che si sviluppano, quando deve essere gestita una emergenza? Qual è l’impatto che la crisi può avere su una organizzazione? In che modo gestire le relazioni con i media?Queste sono alcune delle domande alle quali si cerca di dare una risposta in questa nuova edizione del libro. L’informazione alla popolazione sui rischi che possono minacciare l’integrità della vita, dei beni, e degli insediamenti di una città o di una regione, oltre che essere un diritto previsto dalle leggi vigenti, rappresenta il presupposto indispensabile per l’efficacia e l’efficienza di un piano d’emergenza. Significa anche trasferire le conoscenze utili, per una forte presa di coscienza, rispetto ai rischi e ai pericoli ai quali si è esposti in determinate situazioni. Tale conoscenza, quando diventa cultura e sensibilità condivisa in una comunità, poi, si esprime nel singolo individuo, in comportamenti e azioni positive, colmando quel “vuoto informativo” che può dar luogo a comportamenti incoerenti (o insufficienti) in caso di crisi. A tal proposito, l’informazione deve svilupparsi principalmente in tre tempi: preventiva, durante e post-evento.
- L’informazione preventiva fornisce indicazioni che riguardano: il rischio e gli effetti di un possibile evento; i comportamenti da adottare in emergenza; le modalità per gli avvisi e i messaggi di allerta.
- L’informazione durante deve concentrarsi sul fenomeno in atto, sui comportamenti e le misure particolari di autodifesa da adottare; l’evoluzione dell’evento e delle operazioni di pronto intervento; i riferimenti utili da contattare.
- L’informazione post-evento, cessato l’allarme, riguarda tutte quelle comunicazioni per il ripristino dello stato di normalità.
Altra annotazione: in emergenza, il linguaggio della comunicazione ha un ruolo importante e deve essere orientato verso la ricerca di contenuti di valore, che diano informazioni chiare sull’evoluzione dell’evento. Non messaggi standardizzati, che possono risultare poco puntuali, in quanto non aiutano l’opinione pubblica a comprendere lo svolgersi degli avvenimenti.
Sappiamo che i new media hanno modificato in profondità le nostre abitudini e i nostri comportamenti, traghettandoci nell’era biomediatica, in cui il soggetto si ritrova al centro del sistema dei mass media, con un livello di discrezionalità nelle scelte individuali senza precedenti. Viviamo in un contesto caratterizzato dall’impiego diffuso di tecnologie digitali che influenzano i modi attraverso i quali definiamo l’insieme dei nostri rapporti personali, sociali, economici. Continuiamo a definire “virtuale” questo tipo di realtà, senza accorgerci di come il termine renda poco conto della nostra condizione. Perché lo studio e il lavoro, l’informazione e il divertimento, l’accesso a determinati servizi sono reali, anche quando passano attraverso i meccanismi della disintermediazione, originata dai media digitali.
Il salto di qualità, avvenuto in questi anni, sta nel fatto che si usa internet sempre di più per comporre la propria dieta informativa (attraverso giornali online, tv e radio sul web, blog e social network, aggregatori di notizie).
Sappiamo anche che, grazie all’effetto propulsivo delle innovazioni tecnologiche, i vecchi media si stanno modificando in una prospettiva di convergenza dei contenuti sulle diverse piattaforme digitali. E che l’avanzare dei network ha comportato l’affermazione di blogger e influencer – spesso coinvolti in una agguerrita concorrenza quotidiana per conquistare fette o spicchi di audience – che rappresentano una ulteriore aggiunta a un’offerta che di fatto è inesauribile. Una volta si diceva “L’hanno detto in Tv!” ed era una patente di credibilità assoluta e assumeva il valore dell’autenticità. Oggi non è più così. Si pone, con ciò, la questione dell’affidabilità delle fonti e dei diversi media[1].
Ne deriva che, per le organizzazioni (pubbliche e private), essere credibili e avere una buona reputazione, soprattutto in situazioni d’emergenza, sono due facce della stessa medaglia, con la consapevolezza della necessità di prepararsi alle crisi, di gestirle e comunicarle nel modo migliore.
[1] Cfr. Fondazione CENSIS (Centro Studi Investimenti Sociali): “49° Rapporto sulla Situazione sociale del Paese (2015), FrancoAngeli, 2015.
Crisis management: la gestione delle notizie che non si vorrebbero mai dare
Autore: Mauro De Vincentiis
Editore: Centro di Documentazione Giornalistica (2018), pag.191, Euro 16,00
È la nuova edizione di un libro-guida, ricco di suggerimenti, approfondimenti e case history, che esamina e che propone in dettaglio le regole da seguire per prevenire, affrontare e superare una situazione di crisi. Obiettivo: aiutare a prendere decisioni rapide e risolutive, perché nulla deve essere lasciato al caso.
Sui vari aspetti della comunicazione d’emergenza è in evidenza la parte dedicata alle testimonianze: del Comadante Adalberto Pellegrino che, dal luglio 2000 al settembre 2005, è stato coordinatore tecnico-operativo e portavoce ufficiale dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo (ANSV); di Daniele Chieffi sulla comunicazione di crisi digitale; di Silvia Mattoni sulla comunicazione del rischio, da parte dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). La prefazione al volume è del Generale Franco Angioni.
L’Autore, esperto di informazione/comunicazione/uffici stampa, è stato dal 1969 al 1996, in Alitalia (Relazioni Esterne), rivestendo i ruoli di capo ufficio stampa italiana, responsabile della documentazione e studi, direttore degli house organ.